Quando mi è stato chiesto di consigliare un libro da inserire nella rubrica dedicata sul blog Question Mark, ho subito pensato a Pubblicità Scientifica di Claude Hopkins. Nonostante siano tanti i testi “sacri” scritti sull’argomento questo è quello che mi sento di segnalare per primo a chi vuole avvicinarsi alla nostra attività o ad un giovane che vuole approfondire i suoi studi universitari.
David Ogilvy, presidente dell’omonima agenzia ed autore di successi letterari e di campagne pubblicitarie entrate nella storia, diceva: “ Nessuno, a tutti i livelli, può avere a che fare con la pubblicità sino a che non ha letto questo libro almeno sette volte”.
John E. O’Toole presidente della Foote Cone & Building Communication ripeteva a chiunque volesse creare, pianificare o assumere delle responsabilità nella pubblicità di leggere questo libro a fondo .Se avessi solo cinque minuti per spiegare la pubblicità ad un gruppo di studenti leggerei loro il capitolo intitolato “Semplicemente abilità di vendita”. Se ne avessi dieci aggiungerei quello intitolato “Strategia”.
Anche io ho seguito i consigli ed ho letto i 21 capitoli e le quasi cento pagine più volte in questi anni, con l’attenzione ed il rispetto che merita questo distillato di saggezza scritto con uno stile grezzo, sbrigativo a volte sgrammaticale ma diretto e coinvolgente dal primo all’ultimo rigo. Attualissimo, nonostante sia stato redatto nel 1924, quando l’autore si ritirò a vita privata dopo aver lavorato prima come copywriter poi dopo pochi anni riuscendo ad arrivare alla posizione di Presidente della Lord & Thomas. Hopkins proveniva da una famiglia povera di pastori protestanti del Michigan, perse il padre a soli dieci anni e fu costretto a guadagnarsi da vivere subito. Non potendosi permettere l’Università, la sua crescita e la sua base culturale fu orientata ad un’enorme laboriosità. Normalmente lavorava fino a mezzanotte e spesso fino alle due di notte, le domeniche erano le sue giornate più produttive. Nonostante il suo stipendio inaudito per l’epoca, aveva fama d’essere parsimonioso al punto che si rifiutava di pagare più di 6,50 dollari per un paio di scarpe. Da tutti gli addetti ai lavori americani è stato riconosciuto come l’iniziatore della moderna pubblicità. Il primo ad usare un test market, ad utilizzare le reason why ed ad impiegare la pubblicità comparativa. Nessuno dopo di lui ha scoperto tante conoscenze sull’ advertising e come funzionasse, quanto lui. E la maggior parte di essa è contenuta in questo libro. I suoi insegnamenti sono schietti ed ineleganti, l’assoluta sicurezza delle affermazioni ed opinioni espresse fa decisamente rabbia. Ma era uno scrittore di pubblicità ed un testo pubblicitario non è destinato all’immortalità. A chi gli chiedeva quale fosse il segreto del suo incomparabile successo rispose: “ Se io sono andato più in alto di altri in questo mestiere o ho realizzato di più, il fatto non è dovuto ad eccezionale abilità ma ad orari eccezionali. Ciò significa che un uomo ha sacrificato ogni altra cosa nella vita per eccellere in questa sola professione. Ciò significa forse che un uomo merita compassione piuttosto che invidia.”
Come secondo libro di questa lista di testi chiave nel nostro mestiere di pubblicitari ho scelto un libro che ho letto molti anni fa e che ho continuato a consultare in questi anni per l’importanza dei principi profetici che contiene nei suoi 36 capitoli, “Reality in Advertising” di Rosser Reeves. E’ un saggio scritto alla fine degli anni ’50 come memo interno per i collaboratori dell’agenzia Ted Bates di New York e segna l’atto ufficiale di nascita della USP (Unique Selling Proposition), un approccio nuovo rigorosamente basato sui fatti reali, strutturali del prodotto e del consumatore. L’argomentazione di vendita esclusiva , cioè il beneficio che spinge il consumatore all’acquisto di un prodotto o servizio. Reeves inserisce per la prima volta il suo concetto di “reality sell” tra la comunicazione (hard sell) per argomenti e contenuti valutati a secondo delle simpatie da precisa e concreta a pesante, ottusa e becera, a cui si contrappone il soft sell cioè la comunicazione per atmosfere, allusioni ed analogie. Naturalmente questa vision espressa così lucidamente gli suscitò le antipatie e le critiche feroci di tanti addetti ai lavori, erano gli anni della rivoluzione creativa di Ogilvy e Bernback che gli diedero del “polverizzatore di cervelli”. Ma fu anche da subito un grande successo editoriale rimanendo per sedici settimane consecutive nella lista dei best seller, tradotto in altrettante lingue con 25 ristampe e 400.000 copie vendute. Ma soprattutto procurò all’agenzia clienti per un fatturato complessivo di ottanta milioni di dollari dell’epoca. Nonostante questi successi e l’inserimento nella Hall of Fame che raccoglie i grandi pubblicitari Americani, Reeves non fu mai molto amato; non c’era niente di fine ed elegante in lui, né la sua faccia o le sue dimensioni o la sua voce roca, né tantomeno i suoi modi. Mantenne tutta la vita quello stile e l’accento di uomo del sud figlio di un reverendo metodista.
Reeves è stato un autentico professionista con delle regole ferree ed un vitalismo sfrenato che ha inventato un approccio all’attività dettando delle leggi e dei concetti innovativi molto utilizzati ed in alcuni casi abusati nella storia della pubblicità. Amava dire “ La pubblicità è l’arte di trasferire un’idea dalla testa di una persona a quella di un’altra e sono un mostro di bravura se riesco a spostarla in più crani con meno denaro”. “Il vero ruolo della pubblicità è esattamente lo stesso del primo venditore che venne assunto dal primo produttore: sottrarre clienti alla concorrenza. Tutto il resto è divertimento ed oggi i nuovi pubblicitari non sono più venditori, sono diventati degli uomini di spettacolo”. Al capitolo 15 troverete la sua ricetta preferita: “ o si convince il cliente a cambiare il prodotto fino a dargli una sua unicità oppure ci si spezzano le meningi in agenzia fino a trovare un significativo punto di differenza che i competitor non hanno o che potrebbero avere ma non hanno ancora vantato”.
Nella confusione o pochezza odierne, i concetti di prodotto si fanno sempre più rari, siamo sottoposti ad un bombardamento di storie eccezionali sempre più per effetto scenico, che per riferimenti di concetti di brand legati al consumatore ed ai suoi bisogni. In questo senso, leggere questo libro può essere utile a riprendere contatto con la realtà del nostro lavoro, nell’arduo compito di raggiungere risultati di vendite in mercati sempre più competitivi.